Nato in una modesta famiglia veneziana da Andrea e Teresa Brunello, Lucatello visse i primi anni all'ombra della parrocchia dei Frari, sfogliando i libri d'arte conservati nella sagrestia
[1]. Frequentò l'Istituto d'Arte, ai Carmini, e insieme praticò uno studio assiduo e del tutto personale del ricco ‘archivio’ che la città gli offriva: i dipinti delle chiese, dei musei, delle collezioni. Studi intensi e disordinati, che si conclusero nel 1949 con un corso alla Scuola Libera del Nudo tenuto presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, quando Virgilio Guidi, che gli resterà poi amico, gli conferì il primo premio per il disegno[1]. Fu questo a segnare il suo ingresso artistico tra le nuove leve e l'Opera Bevilacqua La Masa gli assegnò, per undici anni consecutivi, uno studio all'ultimo piano di Palazzo Carminati, a San Stae[1].
Il periodo veneziano
Nell'immediato dopoguerraVenezia fu uno dei centri culturali più attivi in Italia. Quando Lucatello vi si affacciò, il Fronte Nuovo delle Arti stava esaurendo la sua forza propulsiva[2]. Ma restò acceso il dibattito tra neorealismo e astrattismo (Pizzinato, Vedova), mentre la politica cercava di insinuarsi nel linguaggio artistico[2][1]. La visione del mondo di Lucatello fu sempre vicina al destino degli ultimi: da qui il suo interesse nei confronti del partito comunista e comunque per quanto derivava dalle teorie marxiste[3][1].
Lucatello iniziò a esporre i suoi disegni a carboncino, esplicitamente neorealisti – i Carbonai, le Mondine, le Alluvionate del Polesine, l'Operaio dormiente – soprattutto ai concorsi annuali dell'Opera Bevilacqua La Masa, dove nel 1952 ottenne il primo premio. Dalle finestre dello studio dipinse (olio su faesite) una serie di Tetti di Venezia. Tre di questi vennero scelti dalla giuria della Biennale di Venezia, che gli conferì il Premio Tursi[4].
Nel 1956 iniziò la sua collaborazione con la Esther Robles Gallery di Los Angeles[5], che gli organizzò diverse mostre personali e collettive in California e la partecipazione a una rassegna di pittori europei al Museo d'Arte Contemporanea di Houston, Texas[6]. Il contratto con la galleria californiana si interruppe, dopo
alcuni anni, bruscamente e senza apparente motivo - ma la causa sarebbe probabilmente da ricercarsi, dato l'atteggiamento politico dell'artista, nel maccartismo dell'America di allora[3][1].
In Polesine dipinse i Delta, gli Stagni, le Donne di Comacchio. Si trasferì per alcuni mesi con la famiglia in un'isola della laguna e fu il momento degli Orti a Portosecco e delle prime Terre grumose[3].
Il periodo friulano
Nel 1961 cominciò a insegnare all'Istituto d'Arte di Udine e si trasferì con la famiglia a Tarcento.
In quegli anni, attraverso il mondo della scuola (il ‘Sello’, così si chiamava l’istituto d’arte), strinse rapporti di stima e amicizia con numerosi colleghi, tra cui lo scultore Dino Basaldella (il maggiore dei fratelli, rispetto ad Afro e Mirko), il maestro orafo Sergio Mazzola, il fotografo Riccardo Toffoletti (fondatore del Comitato Tina Modotti), il designer Virgilio Forchiassin e l’illustratrice Alessandra D’Este[7].
L'impatto con il nuovo ambiente gli consentì di affrontare percorsi operativi differenti, essendo la sua pittura indissolubilmente legata alla natura[1]. Riuscì presto a trovare il giusto equilibrio dipingendo il Tagliamento e le sue sponde erbose, poi vennero i Soli, i Momenti di natura, la Dialettica uomo-natura fino all'importante periodo degli Ostacoli. Il terremoto del 1976 che gli demolì lo studio, lo costrinse a una pausa. Per qualche mese riprese il carboncino e ritrasse le Terremotate a Grado. Riaperto lo studio, riprese il lavoro con una serie di Nature del Friuli e Soli fino all'ultimo motivo affrontato, quello dei Musi (la catena montuosa intorno a Tarcento) interrotto bruscamente con la morte[1].
Nel 1953 aveva sposato Giselda Paulon, diventando il padre di cinque figli.
Pur avendo aderito con passione e convinzione al Neorealismo, Lucatello si era da subito persuaso che denunciare le ingiustizie del mondo non sarebbe bastato per cambiarlo e che qualsiasi sensibilizzazione al riguardo sarebbe sempre stata tardiva e insufficiente[1].
Nulla può cambiare – ragionava Lucatello – se prima l'uomo non porta alla luce se stesso e non comincia a investigare il suo rapporto con la natura e il senso del suo stare al mondo. Vedere, saper guardare, ascoltare il filo ‘silenzioso’ del passato, possono aprire innumerevoli strade[10]. Virgilio Guidi già nel 1950 intuisce che «ha l'apparenza naturalistica, la giovane indeterminatezza di fronte al problema della natura, ma, in realtà la sua struttura non è naturalistica […] ha già la facoltà di rimuovere gli elementi del vero visibile, di escludere i superflui, e di sistemare quelli a lui necessari in una luce necessariamente non accidentale. Questi fatti non appartengono più strettamente al naturalismo»[11].Questa capacità – di mostrare quello che non si vede in superficie o che viene nascosto da un approccio didascalico – lo porterà, attraverso una ricerca formale basata su infinite combinazioni di luce, colore e materia[12], a un realismo del tutto affrancato dalla mera raffigurazione[13][14].[15]. Non tutti ne colgono la portata e tendono ad accostarlo a qualche declinazione dell'arte informale[1]. Una lettura, questa, a cui, già sul finire degli anni cinquanta, Lucatello contrappone le Teiere, una ventina di quadri in cui, nel delta del fiume, inserisce provocatoriamente un'improbabile teiera senz'altro visibile nella sua rassicurante riconoscibilità. Persistendo in questa direzione, il pensiero/pittura di Lucatello trova la sua maturità tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta[16]. La ricerca si fa più profonda e attenta al particolare, al dettaglio, al frammento tanto da portare al punto più alto la libertà della forma da ogni suo significato apparente. Lucatello così ci parla di noi, ma di un noi fuori dal tempo della cronaca, del progresso, della scienza e tanto più della tecnica. Parla di noi: che siamo fatti di segni e di impronte, di un vissuto stratificato che viene da lontano e che anticipa ogni nostro nuovo agire[17]. Questi segni, che sono universali e che sono la nostra storia, li abbiamo dentro ma tendiamo a ignorarli fino a dimenticarli. Sembrano irraggiungibili e invece sono a portata di mano. Vanno cercati proprio in quello che siamo: natura, biologia, corpo, anima, intelligenza, sentimento, inconscio, paura, confronto, amore[18].
Albino Lucatello, con la sua pittura, tira fuori questi segni e, mostrandoceli, ci fa dialogare con quel ‘prima’ di cui siamo fatti, perché – ci dice – non può esserci relazione se non si comincia dal singolo, dall'individuo. Il ‘noi’ non è una conquista così scontata. Prima, dev'esserci un chiedersi conto; non si tratta di eludere il contesto, tutt'altro. Per fare, c'è bisogno di concentrazione, di ascolto, di quell'aprirsi della mente fatto di gioia, di consapevolezza e di comprensione, ma anche di fatica e di dolore[18].
Non c'è predestinazione, ma solo ripetuti e ineludibili interrogativi che nelle opere di Lucatello prendono forme diverse in ciascuno dei suoi diversi ‘periodi’. Tante sollecitazioni e, per noi, altrettante domande. Muovendo da una realtà complessa, piena e dirompente, man mano Lucatello si concentra sull'essenziale e di quella realtà ci consegna il concetto, il pensiero, la sintesi, in un'operazione di sottrazione che, con la forza e il rigore del tono su tono, del nero su nero, del bianco su bianco, arriva a togliere tutto ciò che è superfluo e banale[19].
Una realtà che ci porta a una dimensione di quel tempo, indeterminato e universale, che non è solo inesorabile scorrimento, ma è essenza di ciò che è stato e possibilità di ciò che sarà; perché c'è sempre un'alternativa, un'altra possibilità. Capita, tuttavia, che il possibile cammino che ci unisce al mondo venga intralciato dalle strutture e dalle sovrastrutture sociali che, invece di liberarci, ci intrappolano in un'esistenza senza progetto[20]. Ecco allora altri segni di Lucatello, come i neri, gli Ostacoli, o alcuni volti che chiedono di riprendere quel cammino, andando oltre e superando tutto ciò che si frappone tra noi e la vita[21].
Con la sua arte Lucatello ha testimoniato una concezione laica della vita, sempre in ascolto di tutte le forze che ci muovono: «Qui c'è un senso mistico, un'attesa forse inconsciamente religiosa, che di continuo cerca il confronto con la materia e, nel confronto e nell'urto, le infonde un'anima poetica, un indubbio significato spirituale»[22][23].
Udine (1978): “Lucatello”, Centro Friulano Arti Plastiche, catalogo;
Passariano di Codroipo (1979): “Lucatello", Galleria Falaschi, manifesto-catalogo;
Venezia (1983): “Albino Lucatello”, Galleria “Il Traghetto", catalogo;
Venezia (1986): “Lucatello: retrospettiva”, Comune di Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, catalogo[24] (biografia di Giselda Lucatello), saggio critico di Bruno Rosada[25], scritto di Renzo Viezzi[26];
Udine (1988): “Lucatello - 20 anni di pittura (1964-1984)", Provincia di Udine, Comune di Udine, Galleria d'Arte Moderna, Centro Friulano Arti Plastiche. Galleria d'Arte Moderna, catalogo (saggio critico Franco Solmi);
Udine (1988): “Attraverso il disegno (1952-1988)", Centro Friulano Arti Plastiche, Galleria del Centro, catalogo (saggio critico Franco Solmi, biografia Giselda Lucatello);
Tarcento, (2004): “Lucatello pittore del '900”, Villa Moretti con appendice grafica a Udine presso la Galleria d'Arte Moderna;
Tarcento, (2014): “Lucatello. Pensiero/Pittura”, in occasione del trentennale dalla morte, Biblioteca civica del Comune di Tarcento e CICT, Palazzo Frangipane.
Opere
Mondine al lavoro, 1951, carboncino su carta, 61,50x71,50 cm.
Ortolano al lavoro, 1951, olio su compensato, 98x98 cm.
Tetti di Venezia, 1954, olio su faesite, 70x105 cm.
Alba sul Tagliamento, 1964, olio su tela, 67x80 cm.
Tramonto, 1970, olio su tela, 100x80 cm.
Ostacoli, 1975, olio su tela, 120x150 cm.
Gelsi, 1979, olio su tela, 70x90 cm.
Musi, 1983, olio su tela, 60x50 cm.
Note
^abcdefghij Carlo Pirovano, La pittura in Italia, 1993, Electa Mondadori, Milano,secondo tomo, pag. 757.
^Renzo Viezzi, Galleria Falaschi, Passariano di Codroipo, gennaio 1979.
^ Manuela Terenzani, Albino Lucatello, su lucatello.it, Anni 80. Periodico di attualità, cultura e sport, anno 1 - n. 1, Udine, 1980. URL consultato il 27 gennaio 2018.
^ Bruno Rosada, saggio critico, su lucatello.it. URL consultato il 27 gennaio 2018.
^ Renzo Viezzi, scritto, su lucatello.it. URL consultato il 27 gennaio 2018.
Bibliografia
Giorgio Dri e Adriano Lecce (a cura di), Sello, 1959-2009: Udine, Istituto statale d'arte, cinquant'anni dalla fondazione, Udine, Forum, 2011, p. 469, ISBN978-88-8420-694-7.
Lucia Danielis, Albino Lucatello un pittore a Venezia tra neorealismo e informale, Università degli Studi di Trieste, Tesi di laurea in Storia dell'Arte Contemporanea, anno accademico 2002/2003.
Isabella Reale (a cura di), Le arti a Udine nel Novecento, Marsilio Editori, tomo 2 p.126, con riproduzione opera Natura del Friuli, Buja,' Venezia 2001.
Isabella Reale, Guida all'arte del '900 in Friuli, Paolo Gaspari Editore, Udine 2000 (con riproduzione dell'opera Dialettica uomo—natura di proprietà della Galleria d'Arte Moderna).
Carlo Pirovano (a cura di), La pittura in Italia. Il Novecento/2 1945-1990, 2 tomi, Electa, Milano 1993. Primo tomo: Dino Marangon, Le Venezie. La Pittura in Italia. Il Novecento/1 p. 437—464. Secondo tomo: Dizionario biografico degli artisti pag.757 (con riproduzione dipinto Musi), ISBN 8843564862.
Franco Solmi, saggio critico in Lucatello - 20 anni di pittura (1964-1984), Udine, Galleria d'Arte Moderna, 14 maggio-31 luglio 1988, catalogo, Udine 1988.
Luigina Bortolatto (a cura di), La realtà dell'immaginario: opere d'arte del XX secolo nelle raccolte pubbliche delle Regioni Friuli—Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto, Sit editrice, Trieste 1987 (opere registrate: Galleria d'Arte Moderna Civici Musei di Udine Dialettica uomo—natura, olio su tela, 1978; Galleria Internazionale d'Arte Moderna Ca' Pesaro di Venezia Tambre, disegno a carboncino, 1949, Orti a Portosecco, 1957, olio su tela, Natura ,1965, olio su tela, 1965, Paesaggio sul Tagliamento, olio su tela, 1966, Composizione, olio su tela, 1975).