Nel 1533 il re d'Inghilterra Enrico VIII si sposò in seconde nozze con Anna Bolena. Ritenendolo un adultero, papa Clemente VII lo scomunicò. Enrico VIII decise allora di rompere con Roma e fece approvare dal Parlamento l'Atto di Supremazia, in base al quale il monarca diventava il capo supremo della Chiesa d'Inghilterra (1534).
Prima di decidere, padre Agostino decise di consultarsi con il suo confratello John Houghton, priore della Certosa di Londra e nel febbraio 1535 si recò in visita da lui. Assieme a Roberto Lawrence della Certosa di Beauvale, si recò presso il Segretario di Stato, Thomas Cromwell. I tre priori chiesero a Cromwell di intercedere presso il re affinché mitigasse l'obbligo di sottomissione all'Atto di Supremazia. Cromwell non solo rifiutò d'intercedere presso il re come richiesto, ma li fece arrestare tutti.
I tre priori furono arrestati e rinchiusi nella Torre di Londra. Fu interrogato dai commissari reali, che trascrissero questa sua dichiarazione[1]:
«Webster dichiara di considerare capo della Chiesa non il Re d'Inghilterra ma il vescovo di Roma, cioè colui che è riconosciuto capo della Chiesa dai dottori della Chiesa, così come affermano Ambrogio, Girolamo, Agostino e com'è stato ratificato dal Concilio di Basilea.»
Gli atti del processo sono conservati nel Pubblico registro, a Londra. I tre monaci non cedettero alle pressioni e si rifiutarono di cambiare la loro posizione. Portati in tribunale furono processati (aprile 1535). Il collegio giudicante non li considerò colpevoli. Ma Cromwell pretese che venisse loro applicata la Legge sui tradimenti ed ottenne la riforma della sentenza in condanna a morte[2]. Fu condannato insieme a loro Richard Reynolds O.Ss.S., un monaco brigidino dell'Abbazia di Syon.
All’epoca le pubbliche esecuzioni dei condannati a morte provenienti dalla città di Londra venivano eseguite a Tyburn. I quattro monaci vennero portati al patibolo vestiti dei loro abiti religiosi senza essere prima stati costretti ad indossare abiti laicali, come si usava a quei tempi. Dalla cella della sua prigione nella Torre di LondraTommaso Moro vide la scena ed esclamò, rivolto alla figlia: «Guarda, Meg, questi beati Padri vanno serenamente alla loro morte come sposi ad un matrimonio».