Nacque a Sessa Aurunca tra il 1469 e il 1475[4] da una agiata famiglia di banchieri. Dopo una iniziale formazione con precettori privati, il Nifo frequentò l'Università di Padova, dove ebbe modo di approfondire la sua formazione classica e divenne allievo di Nicoletto Vernia.[1]
In una prima fase della sua filosofia, il pensiero del Nifo si ispirava ad una rivisitazione dei concetti fondamentali di Averroè che in seguito mutò giungendo a posizioni più vicine all'ortodossia cattolica. Nel 1495 pubblicò un'edizione delle opere di Averroè corredate di commento in cui cerca di porsi già come mediatore tra la cultura occidentale e quella islamica[1][4].
Fu ordinato professore di filosofia all'Università di Padova giovanissimo nel 1503 e in seguito insegnò anche a Napoli, Roma e Pisa[4][1], guadagnando una fama tale da essere incaricato nel 1518 da Papa Leone X di difendere la dottrina cattolica sull'immortalità contro gli attacchi di Pietro Pomponazzi e degli alessandristi. Scrisse pertanto il trattato De immortalitate animae che ottenne un così grande riconoscimento pubblico da essere ricompensato dal Papa con la nomina a conte palatino con il diritto di assumere il cognome del pontefice stesso, Medici[1].
Nel testo scritto su ordine papale si oppose alla tesi del Pomponazzi per il quale l'anima razionale è inseparabile dal corpo materiale e, dunque, la morte di questo porta con sé anche la scomparsa dell'anima. Nifo sostenne, invece, che l'anima individuale, quale parte dell'intelletto assoluto, è indistruttibile e alla morte del corpo si fonde in un'unità eterna.
Gli fu conferita nel 1528 la cittadinanza onoraria di Napoli ed il 20 settembre 1531 essa fu estesa ai figli ed agli eredi in perpetuo.
Morì il 27 maggio di un anno imprecisato tra il 1529 e il 1546[4]. Alcune fonti lo riportano come sindaco di Sessa Aurunca tra il 1535 ed il 1536[5], mentre altre lo ritengono già deceduto alla data dell'estensione della cittadinanza onoraria ai suoi discendenti[4]. Certa è la sua morte al 1548 quando un nobile sessano scrive una lettera ad un amico parlando di lui come morto da qualche tempo[4].
Il periodo di attività del Nifo va dall'inizio della sua carriera universitaria nel 1495 alla morte avvenuta presumibilmente intorno al 1546; le opere rimaste incompiute furono pubblicate dai familiari dopo la morte[4]. Esse sono:
In libros Aristotelis De generatione & corruptione interpretationes & commentaria, colophon.
Ad Apotelesmata Ptolemaei eruditiones, 1513, frontespizio.
Curiosità
Lo si ritiene protagonista di un curioso episodio: nel 1523, infatti, pubblicò il trattato in latino De Regnandi Peritia dedicato all'imperatore Carlo V. Alcuni ritengono che l'opera sia un plagio del più noto Il principe di Niccolò Machiavelli (scritto nel 1513 ma pubblicato postumo solo nel 1531) del cui manoscritto il Nifo sarebbe venuto in possesso e avrebbe riadattato approfittando del fatto che il testo non fosse stato reso pubblico ma circolasse solo in forma di appunti[4][1][2][3].
^abcdefgh Gennaro Monarca, Agostino Nifo (vita ed opere): traccia per una riscoperta, I edizione, Di mambro editore, 1975.
^ Giampiero Di Marco, I sindaci della città di Sessa, Sessa Aurunca, Zano Editore, 2013, p. 38.
Bibliografia
Edizioni e traduzioni
Agostino Nifo, La filosofia nella corte. Monografia introduttiva, testo latino a fronte, traduzione, note e apparati di E. De Bellis. Collana “Il pensiero occidentale”, Milano, Bompiani, 2010.
Studi
Gennaro Monarca, Agostino Nifo (vita ed opere): traccia per una riscoperta, I edizione, Di mambro editore, 1975.
AA. VV., «Nifo, Agostino», in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
Giampiero Di Marco, Giuseppe Parolino, Incunaboli e cinquecentine nelle biblioteche di Sessa, Minturno, Caramanica Editore, 1997.
Ennio De Bellis, Il pensiero logico di Agostino Nifo, Galatina, Congedo, 1997.
Ennio De Bellis, Nicoletto Vernia e Agostino Nifo. Aspetti storiografici e metodologici, Galatina, Congedo, 2003.
Ennio De Bellis, Bibliografia di Agostino Nifo, Collana Quaderni di “Rinascimento”. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Firenze, Olschki, 2005.