Affaire TobleroneL'affaire Toblerone (in svedese: Tobleroneaffären) è stato uno scandalo politico scoppiato in Svezia nell'ottobre 1995, in cui Mona Sahlin (un membro del Partito Socialdemocratico ed ex-ministro) fece degli acquisti nel 1990-1991 utilizzando una carta di credito riservata alle spese di servizio.[1][2] L'acquisto tra le altre cose di due barre di cioccolato Toblerone, diede il nome allo scandalo. StoriaNell'autunno 1995, mentre si stavano svolgendo le primarie interne del Partito Socialdemocratico svedese, su Expressen e altri quotidiani svedesi comparvero diversi articoli riguardanti la politica Mona Sahlin e diverse spese e prelievi fatti per affari privati ai tempi di quando era vice-primo ministro della Svezia (nel 1990-1991): si trattava di un ammontare complessivo di 53.174 corone (circa 5.000€).[3][4] Dopo un iniziale tentativo di difesa da parte della Sahlin, alludendo a un uso al massimo involontario della carta di servizio per usi personali e alle regole non chiare sull'utilizzo della carta stessa, alla fine fu sopraffatta dall'inchiesta condotta dai giornali e in una conferenza stampa del 10 novembre si dimise dal partito, promettendo di non ricandidarsi più. ConseguenzeIl Partito Socialdemocratico, che già stava attraversando una fase delicata (sia per la ricerca di una nuova identità in generale - a seguito della fine della guerra fredda - e di un nuovo segretario duraturo in particolare, sia per il contemporaneo Motalaskandalen, ovvero lo scandalo riguardante le spese irregolari di alcuni politici nel comune di Motala), si fece travolgere dallo scandalo e tutto ciò contribuì al risultato negativo delle successive elezioni legislative del 1998, dopo che Göran Persson era stato scelto come nuovo segretario nel marzo 1996 a seguito degli sconvolgimenti accaduti nei mesi precedenti. La giornalista Britt-Marie Citron del Motala Tidning si aggiudicò il Stora journalistpriset nel 1996 per aver contribuito a svelare parte di questi scandali.[5] Mona Sahlin stessa, dopo essere stata indagata per vari tipi di reati, fu ritenuta non indagabile di alcunché (l'11 gennaio 1996) a causa effettivamente delle regole non chiare per l'utilizzo delle carte e dei fondi messi a disposizione dallo Stato per i partiti. Nel 2007 e negli anni successivi, quando lei si ritrovò ad essere di nuovo segretaria del partito e candidata premier dei socialdemocratici, la eco di quello scandalo era ancora ben visibile nei dibattiti pubblici e nei sondaggi, tanto da influenzarne l'andamento.[6][7] Note
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