Adriano Valerini«Il pigliarsi alcune volte diletto e piacere non è sconvenevole, e la natura istessa par che lo dimostri, essendo questa mondana scena di tante e così varie bellezze ornata» Adriano Valerini (Verona, 1545 circa – anni 1590) è stato un attore e letterato italiano della commedia dell'arte, attivo nel nord Italia. BiografiaNato a Verona a metà del XVI secolo, Adriano Valerini era il penultimo dei sette figli di Margherita e Andrea Valerini, tintore della contrada Ponte Pietra[1]. Poco si sa della sua formazione culturale, se non che da giovane apprese il latino e il greco. Subì in seguito il richiamo delle avventurose compagnie teatrali e fu uno dei più importanti interpreti nel ruolo dell'"innamorato" nella Commedia dell'arte, portando come nome "Aurelio". Nel 1570 stampa a Verona l'Oratione in morte della Divina Signora Vincenza Armani, collega attrice e probabile amante, morta prematuramente. Adriano si sarebbe innamorato dell'Armani (chiamata la Divina) sentendola cantare e recitare a Venezia. L'attrice, ammalatasi a Crema, in punto di morte gli avrebbe poi detto: "Adriano, restati in pace; me ne vado, addio"[2]. Ebbe una relazione con Lidia da Bagnacavallo prima di sposare intorno al 1577 Silvia Roncagli detta Franceschina, anch'ella attrice, che gli darà tre figli: Cinzia, Leandro e Mario[1]. Valerini fece poi parte della compagnia dei Gelosi di Francesco Andreini, in cui aveva come grande emulo il padovano Orazio Nobili[2]. A capo di una compagnia di attori, chiamata degli "Uniti", trasferitosi a Milano nel 1583 subì la censura dell'arcivescovo Carlo Borromeo che tuttavia in seguito gli conferì il permesso di continuare le sue rappresentazioni a patto che si adeguasse ai canoni morali[3]. L'attore veronese compose diversi lavori per il teatro come la tragedia Afrodite (1578), annunciata già nella lettera dedicatoria del 27 febbraio 1577 al conte Mario Bevilacqua nelle Rime diverse. Il dramma, dedicato al pronipote di Ludovico di Canossa Paolo, è stato definito da Benedetto Croce "una delle più orrorose tragedie di orrori composte in quegli anni"[1]. Sempre il Croce considerava il Valerini comunque come un «buon letterato, pieno di erudizione, abile verseggiatore»[4]. In seguito compose la nota lode alla sua città Le bellezze di Verona (1586)[5] e una serie di raccolte poetiche, tra cui i Cento madrigali (1592)[6]. Tra le opere più ambiziose e innovatrici di questo periodo vi è senza dubbio la Celeste galeria di Minerva, dedicata al duca Vincenzo Gonzaga. Adriano Valerini morì presumibilmente tra il 1592 e il 1595. A Valerini è intitolata una via di Verona, nel quartiere residenziale di Borgo Venezia[1]. Opere
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