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Gli accenti grafici presenti nell'ortografia italiana sono tre:
accento grave (`), presente sui suoni vocalici più aperti: à, è (/ɛ/), ò (/ɔ/), ma si trova normalmente anche su ì e ù che sono vocali «chiuse».
Esempi: città, chissà, già, è (voce del verbo essere),[1] cioè, caffè, morì, però, portò, giù, virtù.
accento acuto (´), segnala i suoni vocalici più chiusi, o meglio dal timbro più chiuso: é (/e/) e ó (/o/) e nelle grafie più ricercate í e ú. L'uso dell'accento acuto sulla ó è rarissimo. Per questo motivo il carattere ó manca alle comuni tastiere italiane.
Esempi: perché,[1] trentatré, viceré, né ("e non"), sé (pronome personale tonico), ahó (interiezione romanesca).
accento circonflesso (ˆ), oggi possibile solo sulla î per marcare il plurale dei sostantivi e aggettivi in -io oppure usato come disambiguante sulla vocale tonica in coppie di parole omofone e omografe.[2] È tipico anch'esso di un tipo di grafia piuttosto ricercata o specialistica; un tempo invece era possibile anche sulle altre vocali (â, ê, ô, û), ma perlopiù in ambito poetico e con finalità distintive o per indicare la contrazione di una parola.
Esempi:
monopolî (plurale di monopolio), principî (plurale di principio).
vôlta[3] (elemento architettonico), volta (il volgersi, momento, avvicendamento)
L'accento grafico, in una forma o nell'altra, è usato nella scrittura di molte lingue. Tra le lingue scritte usando l'alfabeto latino, hanno per esempio l'accento grafico il francese, il catalano, il rumeno, lo spagnolo, il portoghese, il gaelico e l'islandese, ma non l'inglese e il tedesco. L'accento grafico è usato anche da lingue che non usano l'alfabeto latino: per esempio è usato dal greco.