Seti I

Seti I
Seti I al cospetto del dio Osiride sul frammento di un pilastro dalla tomba KV17 del faraone. Neues Museum, Berlino
Signore dell'Alto e del Basso Egitto
In caricagiugno 1290/1289 a.C. –
1279 a.C.
PredecessoreRamses I
SuccessoreRamses II
Nome completoMenmaatra Seti-Merenptah
Nascitaca. 1324 a.C.
Morte30 maggio 1279 a.C.[1][2]
Luogo di sepolturaTomba KV17 nella Valle dei Re
DinastiaXIX dinastia
PadreRamses I
MadreSitra
ConsorteTuia
FigliTia, Ramses II, Henutmira?
ReligioneReligione egizia

Seti I (anche Menmaatra; in greco antico: Σεθῶν?, Sethôn) (1324 a.C. circa – 30 maggio 1279 a.C.[1][2]) è stato un faraone della XIX dinastia egizia.

Come tutte le date dell'antico Egitto, così anche quelle che concernono Seti I non godono di un'interpretazione univoca. Vari egittologi hanno proposto datazioni differenti per la sua vita e il suo regno; le cronologie più comunemente seguite dagli studiosi lo vedono regnare dal 1294 a.C. al 1279 a.C.[3] oppure dal 1290 a.C. al 1279 a.C.[4]

Il nome Seti è traducibile come Uomo di Seth, stando a indicare che Seti I si poneva sotto la protezione di tale dio. Come ogni faraone, Seti aveva numerosi nomi. Al momento della ascesa al trono assunse il nome regale Menmaatra (mn-m3‘t-r‘), che significa Stabile è la Giustizia di Ra[5]. È comunemente noto con il suo nome di nascita, Seti, che per esteso era Seti-Merenptah (sty mry-n-ptḥ), traducibile come Uomo di Seth-amato da Ptah[6]. Manetone, nei suoi Aegyptiaca, lo considerò, a torto, il fondatore della XIX dinastia e gli attribuì un regno della non credibile durata di 55 anni.

Regno

Dettaglio del busto di Seti I da una statua che lo raffigura inginocchiato in atto di adorare una divinità, probabilmente Osiride, in granodiorite. Le braccia sono mancanti. Metropolitan Museum of Art, New York[7].

Dopo l'eresia amarniana di Akhenaton (1351 a.C. - 1334 a.C.[4]) e gli sconvolgimenti sociali, religiosi e politici che ne conseguirono, con pesanti ripercussioni sui caotici regni di Ankhtkheperura, Smenkhara, Tutankhamon e Ay, la priorità dei successori Horemheb (iniziatore di una grande riforma[8]), Ramses I e Seti I fu ristabilire l'ordine in Egitto e riaffermare la sovranità egizia su Canaan e la Siria, gravemente compromessa dall'espansione della potenza ittita.

Figlio di Ramses I - che divenne faraone in tarda età, a causa della mancanza di eredi di Horemheb, regnando brevemente dal 1292/1 a.C. al 1289 a.C.[4] - e della grande sposa reale Sitra, Seti salì al trono non giovanissimo, intorno ai trentasette anni, dopo aver ricoperto la carica di Sommo sacerdote di Seth[9]. Dai tempi della II dinastia il nome di questa divinità non compariva nella titolatura reale, pur essendone il culto diffuso nella regione del delta del Nilo.

Dalla titolatura di Seti I (per esteso: Menmaatra Seti-Merenptah[6]) è possibile notare come tutte le grandi divinità dell'Egitto del Nuovo Regno vengano citate: Ra, Ptah e Amon oltre a Seth e questa circostanza sembra confermare che le cause dello scontro tra Akhenaton, il faraone eretico, ed il potente clero di Amon del tempio di Karnak, ossia l'eccessivo potere politico ed economico di quest'ultimo, non fossero state cancellate dalla restaurazione seguita ad Akhenaton. Infatti, seguendo l'esempio del padre, anche Seti I riaffermò il primato teologico del dio-sole Ra nel prenomen Menmaatra (Stabile è la Giustizia di Ra[5]). Le date dei primi anni di regno di Seti portano l'epiteto Ripetitore di nascite per sottolineare il desiderio di rinnovamento sia in politica interna che estera.

Attività edilizia e monumenti

L'attività di costruttore di Seti I fu notevole, tra le opere più importanti: il completamento della sala ipostila di Karnak ed il suo tempio funerario ad Abido dove fece realizzare un rilievo in cui egli stesso compare mentre compie un omaggio nei confronti di 76 suoi predecessori; è questa la famosa "Lista reale di Abido" che inizia da Narmer ed una delle fonti di maggior importanza per la cronologia dei sovrani egizi. Promosse la realizzazione di obelischi in onore di Ra per abbellire il tempio di Eliopoli, di cui resta l'obelisco flaminio, che sarà completato dal figlio Ramses II e poi trasportato a Roma da Augusto.

Campagne militari

Seti I raffigurato su un pilastro del suo tempio funerario ad Abido

Il ristabilimento dell'influenza estera dell'Egitto richiese una serie di campagne militari in Medio Oriente, Libia e Nubia. Fonti principali su tali attività militari sono le scene di battaglia che Seti I commissionò sulla parete esteriore settentrionale della Grande sala ipostila di Karnak, oltre a varie stele reali coperte di iscrizioni che commemorano battaglia a Canaan e in Nubia. Nel suo 1º anno di regno, Seti guidò le sue truppe lungo la cosiddetta via di Horus, la strada militare che partiva dalla fortezza egizia di Tjaru, nell'estremità nord-orientale del delta del Nilo, e terminava in Palestina, nell'odierna Striscia di Gaza; la strada era costellata di fortezze e pozzi, che figurano dettagliatamente nelle rappresentazioni belliche del tempio di Karnak. Marciando attraverso il Sinai, l'armata combatté contro i beduini locali, chiamati Shasu[10]. Nella regione di Canaan, Seti I ricevette i tributi di alcune Città-Stato che ebbe modo di visitare. Altre, come Beit She'an e Yenoam, dovettero essere assediate e furono espugnate con facilità. Mentre esistono rappresentazioni della presa di Yenoam, non risultano immagini simili per Beit She'an, poiché il faraone non vi partecipò, preferendo inviare una divisione. La spedizione del 1º anno di regno si spinse poi fino al Libano, dove il re ricevette l'atto di sottomissione dei sovrani locali che furono costretti a donargli, come tributo, molto pregiato legname di cedro[10].

In un momento imprecisato del suo regno, Seti I sconfisse di alcune tribù libiche - Tehenu, Libu, Mashuash - che avevano invaso il confine occidentale dell'Egitto. Sebbene battute da Seti, tali tribù tornarono a minacciare l'Egitto durante i successivi regni di Merenptah (1213 a.C. - 1203 a.C.[11]) e Ramses III (1186 a.C. - 1155 a.C.[12]) e furono sempre sconfitte. Nell'8º anno di regno di Seti I (1282/1 a.C.), l'esercito sedò una rivolta di medie dimensioni in Nubia; il faraone non prese parte alla repressione, mentre il principe ereditario Ramses potrebbe averlo fatto.

Rilievo calcareo raffigurante Seti I e il principe Ramses (futuro Ramses II) venerati da sacerdoti. Oriental Institute Museum, Università di Chicago.

Conquista di Qadeš

Il più grande traguardo della politica estera di Seti I fu la conquista della città siriana di Qadeš e del vicino regno di Amurru, precedentemente parte dell'Impero ittita[10]. L'Egitto non aveva più un'influenza attiva su Quadeš fin dai tempi della negligente politica estera di Akhenaton (1351 a.C. - 1334 a.C.[11])[13]. Tutankhamon e Horemheb fallirono i loro tentativi di riprendere la città. Per commemorare la presa di Qadeš, Seti I fece erigere una stele dedicata agli dei Amon, Seth e Montu (quest'ultimo, specialmente, dio della guerra)[14]. I territori conquistati finirono però col ritornare agli Ittiti, per il fatto che gli egizi non vollero o non poterono mantenere un contingente militare a Qadeš e Amurru, e soprattutto per la vicinanza di tali territori all'impero ittita. Non appare verosimile che Seti I abbia concluso un trattato di pace con gli ittiti o che volontariamente gli abbia restituito le terre appena conquistate, ma potrebbe aver raggiunto un accordo informale con re Muwatalli II circa i precisi confini degli imperi egiziano e ittita. Cinque anni dopo la morte di Seti I, il successore Ramses II riprese le ostilità con un celebre e fallito tentativo di riprendere Qadeš (fine maggio 1275 a.C.). La città rimase agli ittiti, benché Ramses II l'abbia temporaneamente occupata nel proprio 8º anno di regno.

Si è ritenuto a lungo che Seti I abbia restaurato l'impero egiziano, perduto ai tempi dei disordini religiosi, politici e dinastici del regno di Akhenaton. Tale visione era basata sulla caotica immagine dell'Egitto fornita dalle cosiddette Lettere di Amarna, cioè la corrispondenza diplomatica degli anni di Amenofi III, Akhenaton e Tutankhamon rinvenuta fra le rovine della capitale di Akhenaton, Akhetaton, nel Medio Egitto[15]. Oggi l'egittologia dubita che le politiche di quest'ultimo abbia portato alla perdita dell'impero, eccettuati i territori che Seti I riconquistò. Contrariamente alla scarsità di documenti circa le attività militari di Akhenaton, Tutankhamon e Horemheb, Seti I tenne a glorificare i traguardi delle sue campagne militari tramite monumenti e iscrizioni, vantando anche il suo personale valore in battaglia.

Ipotesi di una coreggenza di Ramses II

Seti I e il principe ereditario Ramses, futuro Ramses II, davanti alla lista ufficiale dei faraoni (che segue a destra), intenti alla sua lettura. Tempio funerario di Seti I ad Abido.

Intorno al suo 9º anno di regno, Seti I nominò suo figlio Ramses principe ereditario e successore designato, ma le prove di un'effettiva coreggenza fra i due non sono riscontrabili. L'egittologo canadese Peter J. Brand, autore di un'importante biografia su questo faraone e le sue numerose opere, sottolinea, riguardo a tale tesi[16][17], che i rilievi che decorano vari templi a Karnak, Gurna e Abido, ove Seti I e Ramses II compaiono insieme, furono realizzati dopo la morte di Seti per volere del figlio Ramses, e che perciò non possono essere utilizzati come prove per suffragare l'ipotesi della coreggenza. Inoltre, l'egittologo statunitense William Murnane, che inizialmente appoggiò l'ipotesi della condivisione del potere fra i due[18], più tardi rivide le proprie posizioni, respingendo la tesi secondo cui Ramses II avrebbe cominciato a contare i propri anni di regno mentre Seti I era ancora vivo[19]. Infine, Kenneth Kitchen ha respinto l'uso del termine coreggenza per descrivere il rapporto fra il padre e il figlio; lo studioso scozzese descrive la prima fase della carriera di Ramses come la reggenza di un principe, quando l'adolescente Ramses poté godere di una propria titolatura reale e di un harem, ma senza contare i propri anni di regno fino alla morte di suo padre[20]. L'ipotesi della coreggenza fra i due appare vaga e quantomeno ambigua. Due importanti descrizioni risalenti al primo decennio di regno di Ramses - l'iscrizione dedicatoria del tempio di Abido e le stele di Kuban[21] - attribuiscono al sovrano titoli confacenti un principe: Primogenito del re, Principe ereditario ed Erede, oltre a specifici titoli militari[22].

Sepoltura

Lo stesso argomento in dettaglio: KV17.
Dettaglio delle complesse decorazioni della tomba di Seti I. Nel registro inferiore, la seconda ora dell'Amduat; sul soffitto, la volta celeste e le costellazioni.

La tomba ben conservata di Seti I (KV17) fu rinvenuta nell'ottobre del 1817 da Giovanni Battista Belzoni nella Valle dei Re; si rivelò la più lunga (136 metri[23]) e la più profonda fra tutte le tombe faraoniche del Nuovo Regno. Fu anche la prima a essere decorata in ogni suo punto, con raffinati bassorilievi e pitture di colori vivaci riproducenti, tra gli altri, i testi dell'Amduat e delle Litanie di Ra e raffigurazioni di divinità quali Hathor, Osiride, Ptah, Nefertum e Iside[24]. Questo vasto complesso iconografico fornì un modello seguito da tutti i successivi faraoni del Nuovo Regno[24].

Sarcofago

Il suo imponente sarcofago, ottenuto da un unico blocco di alabastro, decorato su ogni lato (all'interno si trova un'immagine della dea del cielo, Nut, oltre a varie divinità che avvolgono il corpo del faraone[25]), si trova al Sir John Soane's Museum, a Londra; Sir Soane lo acquistò per la sua collezione nel 1825, quando il British Museum rifiutò di pagare le £2000 del suo prezzo[26]. Al momento dell'arrivo al museo, l'alabastro del reperto era completamente bianco e ancora arricchito con inserti di solfato rameico di colore blu posizionati nell'antichità. I due secoli trascorsi nel clima di Londra e l'inquinamento hanno fatto scurire il sarcofago, portandolo a un colore brunato; inoltre l'umidità ha causato la caduta delle decorazioni blu[26]. Sull'intero corpo del sarcofago sono incisi brani dal Libro delle Porte, un importante testo sacro funerario che descrive il viaggio notturno del dio-sole Ra nell'oltretomba[25][27].

Mummia

Testa della mummia di Seti I (fotografia di Émile Brugsch).

La mummia di Seti I fu scoperta nel 1881, nel nascondiglio delle mummie reali (tomba DB320) a Deir el-Bahari, e identificata grazie al nome inscritto sul coperchio del sarcofago[28]. Da allora si trova al Museo egizio del Cairo. Fu sbendata da Gaston Maspero il 9 giugno 1886[28].

Dagli esami condotti sulla mummia di Seti, forse la meglio conservata di tutte le mummie egizie[29], è emerso che il re non era ancora cinquantenne quando morì inaspettatamente[30], in netto contrasto con i suoi predecessori Horemheb e Ramses I e con il figlio Ramses II, che si spensero in età avanzata o molto avanzata. Le cause di questa morte abbastanza prematura sono sconosciute; sulla sua salma non c'è traccia di violenza. La testa fu rinvenuta distaccata dal corpo, ma il danno è imputabile all'azione dei razziatori di tombe: i sacerdoti di Amon della XXI dinastia la riattaccarono con cura servendosi di panni di lino. Si è ipotizzato che potrebbe essere morto per una malattia cardiaca che l'avrebbe afflitto per anni. Enigmaticamente, il cuore fu rinvenuto nella parte destra del torace, quando la prassi prevedeva che fosse rimesso a posto, mummificato, nel lato sinistro: alcuni ipotizzano che potrebbe essersi trattato di un grossolano errore, oppure di un tentativo poco chiaro di far funzionare meglio l'organo nell'aldilà[28].

La mummia di Seti I è lunga un metro e 70 centimetri[31]. Per il suo stato di conservazione straordinario e la perizia dell'arte degli imbalsamatori, lasciò ammirati gli scopritori e i ricercatori[29]; Maspero, che la sbendò, commentò:

«Era un capolavoro dell'arte dell'imbalsamatore, e l'espressione del volto era quella di uno che appena qualche ora prima ha esalato l'ultimo respiro. La morte aveva leggermente teso le narici e contratto le labbra, la pressione delle bende aveva un poco appiattito il naso e la pelle era annerita dalla pece; ma un calmo e mite sorriso aleggiava ancora sulla bocca e le palpebre semiaperte lasciavano intravedere sotto le ciglia uno scorcio di una riga apparentemente umida e brillante, il riflesso dei bianchi occhi di porcellana introdotti nelle orbite al momento della sepoltura[29]»

Seti I al cospetto del dio Horus, il cui capo di falco è sormontato dalla Doppia Corona dell'Alto e Basso Egitto. Tempio di Abido.

Il 3 aprile 2021 la sua mummia è stata traslata con la Parata d'oro dei faraoni dal vecchio Museo Egizio al nuovo Museo nazionale della Civiltà egiziana[32].

Seti I e il cinema

Dettaglio della testa di Seti I, recante la corona blu khepresh, raffigurato in un rilievo ad Abido (fotografia d'epoca di Théodule Devéria)[33].

La figura di Seti I è stata più volte utilizzata in produzioni cinematografiche.

Nel film I dieci comandamenti Seti viene presentato come un re giusto e bonario. È interpretato da Cedric Hardwicke. Apprezza molto le capacità di Mosè, suo nipote adottivo, e lo ama molto più di quanto non ami il proprio figlio Ramses. Viene presentato come un sovrano generoso, che nutre gli affamati e adotta gli orfani. Detesta le trame ambiziose del figlio e lo rimprovera per non aver concluso la costruzione della città del tesoro. Affida il compito a Mosè che lo realizza nel migliore dei modi. Ramses viene invece incaricato di trovare il misterioso liberatore degli ebrei. Pensa che il nipote voglia tradirlo e si reca da lui per chiedere spiegazioni ma scopre che le voci che parlavano di lui come traditore erano solo calunnie di Ramses. Nel giorno del giubileo però, quando Seti dovrà decidere quale fra Ramses e Mosè dovrà divenire nuovo sovrano, è costretto a scegliere il proprio figlio perché il nipote è stato condannato come ebreo e assassino. A malincuore lo esilia dal proprio regno e cancella il suo nome da tutti i monumenti egizi. Muore in età avanzata, pronunciando il nome di Mosè, amato più del proprio figlio.

Nel film d'animazione Il principe d'Egitto Seti viene presentato come un sovrano potente e apparentemente giusto. Intende fare dell'Egitto un impero, sfruttando però la forza degli schiavi che lavorano per lui. Per paura di una ribellione fa massacrare tutti i bambini ebrei, un'azione ritenuta orribile da lui stesso sebbene necessaria, giustificandola come adatta alla condizione servile di quel popolo. Ama alla stessa maniera sia Ramses che Mosè, rimproverando spesso il primo perché vuole fortificarlo e prepararlo così al futuro di faraone. Quando Mosè scopre le sue vere origini e il massacro compiuto dagli uomini di Seti, cerca di consolare il figlio adottivo, causando però soltanto la sua fuga.

Seti I fa una breve apparizione anche nella saga La mummia. Nel primo capitolo della saga egli viene assassinato per mano di Imhotep, la futura mummia. Nel secondo capitolo La mummia - Il ritorno, oltre ad un flashback sull'assassinio già citato, l'immagine di Seti viene riproposta e contestualizzata nel corso di un combattimento tra Aneck-su-Namun (sua concubina e al contempo amante del sacerdote Imhotep e sua complice nell'assassinio del faraone) e Nefertiri (sua figlia, che non ha alcun legame con la Nefertari storica).

Nel musical "I dieci comandamenti" è l'unico, fra i personaggi secondari, a non parlare.

Galleria d'immagini

Liste reali

Nome Horo Lista di Abido Lista di Saqqara Flavio Giuseppe anni di regno Sesto Giulio Africano anni di regno Eusebio di Cesarea anni di regno Altri nomi
Kha nekhet khai-m-uaset (nº76)
N5C10mn
mn m3ˁt rˁ - Menmaatra
(nº57)
N5C10mn
mn m3ˁt rˁ - Menmaatra
Sethos 51 Sethos 55 Seti I

Titolatura

Titolo Traslitterazione Significato Nome Traslitterazione Lettura (italiano) Significato
G5
ḥr Horo
E1
D40
N28mS40
k3 nḫt ḫˁ m w3s.t Kha nekhat kham uaset
Toro possente che si manifesta a Tebe
G16
nbty (nebti) Le due Signore
F25F31sG43t
Z2
S42Aa1 p
O39
F23
D46
r
D40
T10
t
Z2ss
Z2ss
Z2ss
wḥm mswt sḫm ḫpš dr pḏt 9 Wehem mesut sekhem khopesh der pesedj pedjet Rinnovatore di nascite dal braccio potente che sottomette i nove archi
G8
ḥr nbw Horo d'oro
F25N28
Z2
wsrsr
D40
T10
T10
T10
mN17
N17
N17
V30
Z2
wḥm ḫˁw wsr pḏwt m t3w nbw Wehem khaw wser pedjut em tau nebu Rinnovatore di manifestazioni potente di truppe in tutte le terre.
M23
X1
L2
X1
nsw bjty Colui che regna
sul giunco
e sull'ape
N5C10mn
mn m3ˁt rˁ Menmaatra Stabile è la Maat (giustizia) di Ra
G39N5
s3 Rˁ Figlio di Ra
p
t
V28C7iiN36
n
stḫy mr n ptḥ Sethi Merenptah (Quello) di Seth, amato da Ptah

Note

  1. ^ a b Ossia il "3° mese di Shemu, giorno 26". cfr. Jürgen von Beckerath, Chronologie des Pharaonischen Ägypten, Magonza, Philipp von Zabern, 1997, ISBN 3-8053-2310-7. pp. 108, 190.
  2. ^ a b Brand, Peter J. (2000). The Monuments of Seti I: Epigraphic, Historical and Art Historical Analysis. NV Leiden: Brill. ISBN 90-04-11770-9. pp. 302-5.
  3. ^ Michael Rice (1999). Who's Who in Ancient Egypt. Routledge.
  4. ^ a b c von Beckerath (1997), p. 190.
  5. ^ a b Peter Clayton, Chronicle of the Pharaohs, Thames and Hudson Ltd, 1994. p.140.
  6. ^ a b William Christopher Hayes, The Scepter of Egypt: A Background for the Study of the Egyptian Antiquities, Vol. 2, Metropolitan Museum of Art, 1953. p.332.
  7. ^ Statue of Seti I, su metmuseum.org.
  8. ^ Toby Wilkinson, The Rise and Fall of Ancient Egypt, Bloomsbury, 2011. ISBN 978-1-4088-1002-6. pp.308-10, 312.
  9. ^ Seti I Blessed by Set and Horus, su joanlansberry.com.
  10. ^ a b c Tour Egypt :: The Military Campaigns of Seti I, su touregypt.net. URL consultato il 26 novembre 2016.
  11. ^ a b Jürgen von Beckerath, Chronologie des Pharaonischen Ägypten, Mainz, 1997, p. 190.
  12. ^ E.F. Wente & C.C. Van Siclen, "A Chronology of the New Kingdom" in Studies in Honor of George R. Hughes, (SAOC 39) 1976. ISBN 0-918986-01-X. p.235.
  13. ^ Akhenaten, in Ancient History Encyclopedia. URL consultato il 26 novembre 2016.
  14. ^ Kenneth A. Kitchen, Il Faraone trionfante, Laterza, Bari (1994). p. 41.
  15. ^ Moran, William L. (1992). The Amarna Letters. Baltimore: Johns Hopkins University Press. p. xiv. ISBN 0-8018-4251-4.
  16. ^ Brand, Peter J. The Monuments of Seti I: Epigraphic, Historical, and Art Historical Analysis, Brill, 2000.
  17. ^ The Monuments of Seti I: Epigraphic, Historical and Art Historical Analysis (PDF), su collectionscanada.ca (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2007).
  18. ^ William Murnane, Ancient Egyptian Coregencies, (Studies in Ancient Oriental Civilization 40), Chicago: The Oriental Institute, 1977.
  19. ^ W. Murnane (1990). The road to Kadesh: A Historical interpretation of the battle reliefs of King Seti I at Karnak. SAOC. p.93, nota 90.
  20. ^ Kenneth A. Kitchen, Il Faraone trionfante, Laterza, Bari (1994). pp.44-62.
  21. ^ The Stele of Kuban, su dabar.org. URL consultato il 12 novembre 2016 (archiviato dall'url originale il 21 giugno 2011).
  22. ^ Brand (2000), pp.315-6.
  23. ^ Pharaoh Seti I's Tomb Bigger Than Thought, su news.nationalgeographic.com.
  24. ^ a b Egypt: The Tomb of Seti I, Valley of the Kings, Egypt, su touregypt.net.
  25. ^ a b Helen Dorey, 'Sir John Soane's Acquisition of the Sarcophagus of Seti I', The Georgian Group Journal, 1991.
  26. ^ a b Sarcophagus of King Seti (or Sety) I, su collections.soane.org.
  27. ^ E.A. Wallis Budge, An Account of the Sarcophagus of Seti I, King of Egypt, B.C. 1370, Soane Museum Publication no.2, 1908.
  28. ^ a b c G. Elliot Smith, The Royal Mummies, Duckworth Egyptology, 1912 (ristampa 2000), ISBN 0-7156-2959-X. p.8.
  29. ^ a b c John Romer, La Valle dei Re, Arnoldo Mondadori Editore, 1997. p.167.
  30. ^ Kenneth A. Kitchen, Il Faraone trionfante, Laterza, Bari (1994). p.62.
  31. ^ Christine Hobson, Exploring the World of the Pharaohs: A Complete Guide to Ancient Egypt, Thames & Hudson, (1993), p. 97.
  32. ^ (EN) Egypt mummies pass through Cairo in ancient rulers' parade, in BBC News, 3 aprile 2021. URL consultato il 7 aprile 2021.
  33. ^ Kitchen (1994). p.47, tavola 10.

Bibliografia

  • Federico Arborio Mella, L'Egitto dei faraoni, Milano, Mursia, 1976 ISBN 88-425-3328-9
  • Franco Cimmino, Dizionario delle dinastie faraoniche, Bologna, Bompiani, 2003 ISBN 88-452-5531-X
  • Alan Gardiner, La civiltà egizia, Torino, Einaudi, 1997 ISBN 88-06-13913-4
  • Alfred Heuss et al., I Propilei. I, Verona, Mondadori, 1980
  • Università di Cambridge, Storia Antica. II, 3. Il Medio Oriente e l'area Egea 1380-1000 a.C., Milano, Il Saggiatore, 1975

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