Gondar (sommergibile)
Il Gondar è stato un sommergibile della Regia Marina, col motto "Usque ad finem". StoriaEntrato in servizio il 28 febbraio 1938, il seguente 3 luglio ottenne la bandiera di combattimento a La Spezia e nel mese di novembre, da Taranto, raggiunse con la sua squadriglia la base di Lero nel Dodecaneso rientrando a Messina nel febbraio 1940. Tornato in alto Tirreno, dal maggio 1940 fece parte della XI Squadriglia Sommergibili, basata a La Spezia[4], al comando del tenente di vascello Piero Riccomini, in comando dal 20 ottobre 1938. Fu scelto per l'impiego come mezzo «avvicinatore» di SLC e nell'agosto-settembre 1940 modificato di conseguenza: furono eliminati il cannone da 100/47 Mod. 1935, le sue munizioni, due siluri ed altro materiale; sul ponte di coperta del sommergibile furono collocati tre cilindri a tenuta stagna (uno a prua e due, affiancati, a poppa), nei quali potevano essere alloggiati altrettanti SLC[5]. Del peso di 2,8 tonnellate, tali cilindri erano in grado di resistere fino a 90 metri di profondità, il triplo della profondità consentita dal sistema, più rudimentale, adottato sul primo sommergibile avvicinatore, l’Iride[4][5]. Dopo il fallimento del primo tentativo di attacco contro il porto di Alessandria d'Egitto – conclusosi con l'affondamento dell’Iride e della nave appoggio Monte Gargano ad opera di aerosiluranti[6] –, il Gondar fu scelto per il secondo tentativo, denominato operazione «G.A. 2», che prese avvio il 19 settembre 1940[4][7]. Il 21 settembre il sommergibile, una volta imbarcati i tre SLC, lasciò La Spezia al comando del tenente di vascello Francesco Brunetti, ex comandante del predecessore del Gondar, l'Iride[4][7]. Giunto a Messina nella serata del 23, il Gondar prese a bordo gli uomini della X Flottiglia MAS destinati all'impresa: il capitano di fregata Mario Giorgini – comandante della I Flottiglia MAS e dell'operazione –, i sei operatori degli SLC (quattro ufficiali e due sottufficiali), fra cui vi era anche il capitano del Genio Navale Elios Toschi, inventore, insieme a Teseo Tesei, degli SLC, e due sottufficiali operatori di riserva[4][7]. Il Gondar partì da Messina alle 7.30 del 24 settembre, diretto nel punto «D» al largo di Alessandria, dove avrebbe dovuto verificare che non vi fossero unità nemiche di vigilanza; sarebbe quindi proseguito sino al punto «A», dove si sarebbe fermato per rilasciare gli SLC[4][7]. Arrivato nel punto «D» nella notte tra il 28 ed il 29 settembre, il sommergibile rilevò però i segni di un'intensa attività navale britannica: fu avvistata una corvetta e all'idrofono furono avvertiti i rumori di turbine appartenenti ad almeno tre navi differenti, nonché, in un secondo tempo, anche quelli dei motori di altre navi che si stavano allontanando[7]. Solo alle sette di sera del 29 fu possibile emergere, in ritardo sulle previsioni, ma quasi subito fu ricevuto a bordo un messaggio di precedenza assoluta inviato da Supermarina alle 13.55: il Gondar sarebbe dovuto rientrare subito a Tobruk, dato che l'operazione era stata rimandata per la partenza da Alessandria della maggior parte della flotta inglese (bersaglio dell'attacco), uscita in mare con le navi maggiori e 10 cacciatorpediniere il giorno 28, a protezione di due incrociatori, il Liverpool ed il Gloucester, impegnati in missione di trasporto a Malta di 2000 uomini[7]. Alle 20.30, sulla rotta di rientro, il Gondar s'imbatté nel cacciatorpediniere australiano Stuart a soli 1500 metri, dovendosi immergere con rapidità ad 80 metri[4][7]. La nave avversaria individuò però in breve il sommergibile con l'ecogoniometro, iniziando a bombardarlo con cariche di profondità; due ore dopo (alle 22.30) si unirono alla caccia il cacciatorpediniere Diamond ed una corvetta, cui si aggiunsero poi anche ricognitori ed aerei antisommergibili (in particolare un idrovolante Short Sunderland)[4][7]. Investito da una simile pioggia di bombe di profondità, il Gondar, gravemente danneggiato nonostante tutte le manovre evasive, dovette emergere, dopo aver resistito per dodici ore: erano le 8.30 del 30 settembre[4][7]. Una volta a galla alcuni uomini, tra cui Brunetti, avviarono le manovre di autoaffondamento: il sommergibile s'inabissò di poppa nel giro di poche decine di secondi, su un fondale di 2000 metri, a circa 110 miglia per 300° dal faro di Alessandria[4][7]. Nell'affondamento vi fu una vittima, il marinaio elettricista Luigi Longobardi, attardatosi a bordo con il comandante Brunetti e pochi altri per avviare le manovre di autoaffondamento e ucciso in mare, dove era stato fra gli ultimi a buttarsi, dallo scoppio di una bomba: alla sua memoria fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare[8]. Il resto dell'equipaggio fu tratto in salvo – e fatto prigioniero – dallo Stuart[4][7]. Con l'affondamento del Gondar i servizi segreti britannici iniziarono ad insospettirsi circa l'esistenza di un corpo speciale della Regia Marina incaricato delle incursioni nei porti nemici, (reparto sul quale del resto avevano già alcune informazioni): notarono infatti la presenza dei tre cilindri presenti sul ponte del sommergibile, nonché la presenza, fra i prigionieri, di numerosi subacquei[7]. Il Gondar aveva svolto in tutto 4 missioni di guerra, percorrendo complessivamente 3440 miglia in superficie e 534 in immersione[9].
Tenente di Vascello Mario Ricci dal 28 febbraio al 19 ottobre 1938; Tenente di Vascello Piero Riccomini dal 20 ottobre 1938 al 9 settembre 1940; Tenente di Vascello Francesco Brunetti dal 10 al 30 settembre 1940 (con i cilindri già applicati) Note
Bibliografia
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