Edmund P. Gaines
Edmund Pendleton Gaines (Contea di Culpeper, 20 marzo 1777 – New Orleans, 6 giugno 1849) è stato un generale statunitense. BiografiaNacque nel 1777 in Virginia da una prominente famiglia di coloni,[1] e venne battezzato in onore del prozio, il patriota Edmund Pendleton. Durante l'infanzia si trasferì più volte, prima in Carolina del Nord e infine in Tennessee, dove crebbe e si arruolò nella milizia locale nel 1799, venendo congedato con onore l'anno successivo col grado di secondo tenente[2] e facendo per un certo tempo l'agrimensore.[1] Si riarruolò nel 1801 e per alcuni anni fece parte di molte guarnigioni, e nel 1807 arrestò l'ex-vicepresidente degli Stati Uniti Aaron Burr, accusato di alto tradimento.[1][2][3] Poco dopo abbandonò l'esercito per studiare legge e diventare avvocato, ma si arruolò nuovamente allo scoppio della guerra del 1812.[1][2] Per le sue azioni valorose sul campo di battaglia venne promosso brigadier generale nel 1814, mentre in seguito al successo dell'assedio di Fort Erie venne promosso maggior generale e ricompensato dal Congresso degli Stati Uniti con una medaglia d'oro.[1][2][3] Sottoposto al comando di Andrew Jackson, fu uno dei principali comandanti statunitensi all'inizio delle guerre seminole e durante la guerra di Falco Nero.[2][3] A differenza di molti altri comandanti, Gaines cercava di instaurare un rapporto di collaborazione con i nativi americani, spesso difendendoli contro le prepotenze dei coloni e credendo che la soluzione definitiva ai conflitti con gli statunitensi fosse la loro integrazione nella società americana.[1] Ciò lo portò a scontrarsi con Jackson e Winfield Scott, che mal tolleravano il suo atteggiamento spesso avventato e prevaricatore.[1] Durante una nuova spedizione contro i Seminole nei primi anni '30 venne ferito gravemente alla mascella; sopravvisse, anche se il suo volto rimase sfigurato.[2] Nel 1836 divenne comandante della Louisiana, col preciso compito di impedire ai volontari statunitensi di unirsi all'armata della Repubblica del Texas comandata da Sam Houston.[1] Gaines tuttavia simpatizzava con i texani, e permise a chi lo voleva di transitare attraverso la proprietà di un suo cugino, James Gaines, posta proprio al confine col Texas (la località si sarebbe in seguito chiamata Gaines Ferry).[2] Il generale avrebbe voluto intervenire direttamente nella rivoluzione texana, ma ricevette il preciso ordine di astenersi da Andrew Jackson, suo vecchio superiore e allora presidente degli Stati Uniti.[2] Quando nel 1846 scoppiò la guerra messico-statunitense Gaines non attese le direttive del governo centrale, disponendo massicci arruolamenti di volontari in Louisiana, Alabama, Mississippi e Missouri.[1] Ciò gli costò un'accusa di insubordinazione, la rimozione dal comando e una corte marziale presso Fort Monroe, dove tuttavia venne giudicato innocente.[2] Non ricoprì comunque più alcun ruolo attivo, divenendo comandante dei dipartimenti dell'East Coast fino al congedo finale, avvenuto nel gennaio 1849.[1][2] Ritiratosi in Louisiana, morì poco dopo vittima di un'epidemia di colera.[1][2] Dato il suo ruolo nell'espansione americana del primo XIX secolo gli vennero intitolate varie città, tutte chiamate Gainesville.[3] NoteAltri progetti
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