La caffeina è un composto chimico di formula C8H10N4O2 che in condizioni normali si presenta come un solido bianco o come aghi bianchi luccicanti spesso fusi insieme, inodori e dal gusto amaro. Viene a volte citata con i suoi sinonimi: teina,guaranina e mateina, chimicamente identificabili nella stessa molecola.[1]
Storia
La caffeina è utilizzata da millenni. Tradizionalmente se ne fa risalire l'uso al 2737 a.C. in Cina.[2] Studi recenti evidenziano come il consumo di tè avvenisse regolarmente durante la dinastia Han (207-9 a.C.). Prima di questa scoperta il dato più recente relativo al consumo di tè risaliva al 750 a.C.[3]
Esistono inoltre leggende che fanno risalire l'introduzione del caffè in Etiopia o nella penisola arabica meridionale nel IX sec. ad opera di un pastore che riconobbe il legame tra le bacche selvatiche di cui si cibavano le sue pecore e l'aumento dei loro livelli di energia. Il pastore decise dunque di provarle lui stesso sperimentando quella che in tempi moderni è conosciuta come uno stimolante del sistema nervoso centrale: la caffeina.[2][4] In realtà il consumo di infusi di caffè in acqua bollente viene fatto risalire al 1000 a.C.[3]
Da allora tè e caffè sono diventate le principali fonti di caffeina, ma alla fine del 1800 iniziarono ad essere commercializzate bibite gassate contenenti caffeina (Dr. Pepper, Coca-Cola e Pepsi-Cola) che divennero molto popolari nella seconda metà del XX sec.[2] Sempre alla fine del XX sec. fecero la loro comparsa sul mercato le cosiddette bevande energetiche tutt'ora molto popolari.[9][10]
Caffè e tè rimangono le principali fonti di caffeina, ma il contributo delle bevande energetiche sta aumentando.[9][10]
La maggior parte delle autorità governative del mondo hanno determinato quali siano i livelli di assunzione giornaliera considerati sicuri senza che si presentino severi effetti collaterali negli adulti, ma ci sono lievi differenze per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti:[12]
La sintesi della caffeina è stata studiata principalmente nel tè e nel caffè dove risulta per la maggior parte simile. La via metabolica consiste in una via metabolica principale e una via metabolica che parte dalla xantossina, entrambe coinvolte nella sintesi della caffeina.[17]
Via metabolica principale
Si tratta di un processo in quattro fasi che coinvolgono tre metilazioni catalizzate da tre diversi tipi di N-metiltransferasi e una reazione di sintesi di nucleosidi catalizzata dalla N-metilnucleosidasi.[19]
Sintesi dalla xantossina
L'anello purinico deriva dai nucleotidi purinici e i gruppi metilici derivano dalla S-adenosil-L-metionina.[20] Il processo di sintesi è il seguente:[21]
La xantossina può essere prodotta de novo seguendo le seguenti reazioni in cui i principali enzimi coinvolti sono l'AMP deaminasi, l'IMP deidrogenasi e la 5′-nucleotidasi:[17]
Oppure può essere sintetizzata grazie all'AMP a partire da nucleotidi di adenosina secondo le seguenti reazioni:[17]
La caffeina è descritta da un modello mono-compartimentale secondo il quale segue una funzione cineticalineare di primo ordine,[25] anche se alcuni hanno messo in evidenza come a dose più elevate e a sistema saturo la funzione non sia più lineare.[26][27][28] In generale si tratta di un antagonista non selettivo del recettore dell'adenosina con un IC50 pari a 44 μmol per l'A1 e 40 μmol per l'A2.[29][30][31][32] Il limite per l'antagonismo iniziale tuttavia è di 10 μmol (1,94 mg/L) e potenzialmente al di sotto dei 2 μmol (0,38 mg/L).[31][32]
L'IC50 per la fosfodiesterasi è invece pari a 500 - 1000 μmol (97 – 194 mg/L), pertanto risulta chiaro che l'inibizione della fosfodiesterasi diventi importante solo a concentrazioni elevate quasi letali.[25][29] Una situazione simile si presenta per l'acetilcolinesterasi (IC50 = 175 μmol).[35]
La caffeina è stata inoltre collegata all'aumento dei livelli di catecolamine probabilmente per il suo antagonismo verso il recettore presinaptico dell'adenosina e possibilmente per il suo antagonismo verso il recettore A1 del midollo surrenale.[30] L'antagonismo verso il recettore A2A è considerato responsabile degli effetti stimolanti e dopaminergici.[36]
Farmacologia e tossicologia
Farmacocinetica
Assorbimento
La caffeina viene rapidamente e completamente assorbita (99%) dall'intestino tenue a seguito di somministrazione orale, prevalentemente sottoforma non ionizzata/lipofilica in grado di penetrare più facilmente la membrana cellulare per via dell'ambiente basico.[27][37][38] La caffeina non subisce l'effetto di primo passaggio e generalmente raggiunge il picco della concentrazione plasmatica entro 30-120 minuti dall'assunzione.[27][39][40]
Nel mondo esistono almeno 72 specie di batteri appartenenti a 27 generi diversi che risultano coinvolti nella degradazione della caffeina,[41] tra cui lo Pseudomonas è il più comune e meglio studiato. Negli Pseudomonas il metabolismo della caffeina coinvolge due vie metaboliche che spesso coesistono nello stesso batterio: la demetilazione N-terminale e l'ossidazione C-8.[21]
La N-demetilazione è la via metabolica principale via metabolica della caffeina nei batteri[42][43] ed è stata studiata principalmente nello Pseudomonas putida CBB5. In questo microrganismo la caffeina viene portata all'interno del batterio[44] e viene trasformato in xantina da diverse n-demetilasi.[45][46][47] Durante il processo di trasformazione in xantina, la caffeina si lega al terminale-C della NdmA (N-demetilasi A) formando un oligomero composto da NdmA e NdmB. L'NdmA catalizza la reazione di trasformazione della caffeina in teobromina e paraxantina.[48] La teobromina si lega a sua volta al sito attivo sul terminale-C della NdmB dell'oligomero portando alla formazione della 7-metilxantina. NdmA e NdmB sono appaiate alla NdmD che trasferisce gli elettroni dall'NADH al NdmA con NdmB. Infine la 7-metilxantina viene trasformata in xantina dal complesso proteico della NdmE. Lungo tutto il processo una molecola di NADH e una di O2 vengono consumate generando formaldeide.[49]
Nonostante ci siano pochi studi in merito alla degradazione della caffeina da parte dei funghi, sono state isolate e identificate diversi generi in grado di degradare il composto, tra cui: Aspergillus, Rhizopus,[55]Penicillium,[56]Fusarium,[57]Chrysosporium e Gliocladium.[58] Diversamente da quanto avviene nei batteri, la principale via metaboliche della caffeina nei funghi prevede la trasformazione della caffeina in teofillina[59] seguita dalla trasformazione in 3-metilxantina[60][61] e infine la degradazione in xantina.
Nell'uomo
La caffeina viene metabolizzata dal citocromo P450 (CYP1A2) del fegato in 1,7-dimetilxantina (80%),[27] composto a sua volta farmacologicamente attivo con tossicità potenzialmente inferiore alla caffeina.[62] Il CYP1A2 è anche responsabile della successive trasformazione della dimetilxantina in 3,7-dimetilxantine (teobromina) e 1,3-dimetilxantina (teofillina), entrambe farmacologicamente attive. La teobromina rappresenta l'11% e la teofillina il 5% dei metaboliti della caffeina. Teobromina e teofillina possono essere ulteriormente sottoposte a metilazione ad opera del CYP1A2, acetilazione da parte della N-acetiltransferasi 2 od ossidazione via xantina ossidasi o CYP3A4 per ottenere i principali metaboliti della caffeina, tra cui:[27][29][30]
In linea generale sono stati identificati 25 metaboliti della caffeina dimostrando la complessità del metabolismo di questo composto negli esseri umani,[29] infatti solo il 5% della caffeina viene escreta senza essere metabolizzata.[27][29][30] Importante da notare il coinvolgimento di altri citocromi (CYP3A4/3A5 e CYP2D6) ad alte concentrazioni.[27]
L'attività del CYP1A2 negli esseri umani varia molto a seconda dell'individuo principalmente sulla base di fattori genetici ma anche di fattori ambientali.[27][29][39]
Il caffè aumenta infatti l'attività del CYP1A2 anche se in maniera non consistente.[27]
Eliminazione
La caffeina e i suoi metaboliti vengono eliminati dal plasma via clearance CYP1A2 mediata[63] ed escreti attraverso le urine (85 - 88%) e le feci (2 - 5%).[64] La clearance e l'emivita del composto presentano significative variazioni tra gli individui: la clearance media è di circa 1 - 3 mL/kg/min, ma il coefficiente di variazione è di circa il 36%.[26] A complicare ulteriormente la situazione, la clearance può ridursi sostanzialmente all'aumentare della dose.[27]
Similmente l'emivita della caffeina si aggira mediamente intorno alle 3 - 6 ore, ma in realtà può passare dalle 2,3 alle 9,9 ore in base all'individuo.[27] Le variabili che influenzano la clearance sono le stesse che influenzano l'emivita.[27]
Gli effetti della caffeina dipendono fondamentalmente dalla quantità assunta e variano notevolmente da persona a persona.[75][76] Ad esempio una dose di 250 mg è collegata ad un aumento dell'eccitazione sessuale, dell'attenzione, della concentrazione, dell'euforia, della calma e dell'amabilità.[26] Dosi di 500 mg portano ad un aumento della tensione, nervosismo, ansia, agitazione, irritabilità, nausea, parestesia, tremori, sudorazione, palpitazioni, irrequietezza e possibilmente vertigini. Dosi elevate sub-letali (∼7–10 mg/kg) in adulti sani possono causare anche sintomi come brividi, rossore, nausea, cefalea, palpitazioni e tremori, benché siano comunque molto variabili in base all'individuo.[77]
In campo medico il composto viene utilizzato come stimolante[78] e adiuvante.[79] La caffeina è stata inoltre identificata come possibile biomarker la rilevazione di malattie, specialmente la malattia di Parkinson.[80][81]
Tossicologia
Benché si pensi che la caffeina sia sicura in quantità moderate (≤ 400 mg al giorno) in adulti in salute[82] non è un composto innocuo e può causare tossicità significativa e a volte anche la morte per infarto del miocardio o aritmia qualora sia consumata in quantità sufficienti.[82][83] In soggetti particolarmente sensibili tali quantità possono essere anche inferiori.[84][85] La caffeina può causare sia tossicità acuta che cronica. Nel secondo caso gli effetti più comuni sono: ipocaliemia, anoressia, nausea, vomito, palpitazioni, epilessia, disaritmia e tutta una serie di sintomi denominata "caffeinismo" indistinguibili dall'ansia cronica e sono generalmente collegati all'assunzione di 1-1.5g al giorno di caffeina.[75]
Tossicocinetica
In generale gli effetti tossici del composto compaiono a concentrazioni superiori a 15 mg/L, con una concentrazione di 50 mg/L considerata tossica e ≥80 mg/L letale.[86][87] Sono però stati documentati casi di pazienti in cui le concentrazioni considerate tossica e letale risultano inferiori.[87] Ad esempio individui affetti da malattie cardiovascolari preesistenti hanno dimostrato di essere suscettibili ad una dose letale inferiore a 50 mg/L.[87]
Alcuni degli effetti collaterali più comuni (es. ipertensione-ipotensione e tachicardia-bradicardia) possono essere collegati a risposte fisiologiche divergenti a diversi livelli di esposizione.[88]
Similmente la bradicardia può essere una conseguenza dell'aumento della pressione sanguigna nell'intervallo terapeutico.
La tachicardia viene riportata uniformemente nei casi d'intossicazione e in presenza di dosi elevate di caffeina (>10 mg/kg). Ciò è probabilmente dovuto all'agonista adrenergico β1 attraverso l'aumento delle catecolamine che risulta nell'aumento dei livelli di adenosina monofosfato ciclica (cAMP) attraverso l'attivazione dell'adenilil ciclasi e si pensa sia ulteriormente amplificata dall'inibizione dell'enzima fosfodiesterasi responsabile per la degradazione del cAMP.[95]
Tuttavia l'adenosina esibisce un effetto anti-adrenergico inibendo l'attività dell'adenilil ciclasi riducendo l'accumulo intracellulare di cAMP e inibendo la successiva trasmissione del segnale.[96]
I casi di aritmia, la fibrillazione ventricolare viene determinata come causa di morte, mentre i principali meccanismi collegati includono l'aumento delle catecolamine, l'inibizione della fosfodiesterasi, l'aumento dei livelli intracellulari di calcio e l'antagonismo con i recettori adenosinici antiaritmici.[94]
Uno dei pochi casi documentati di avvelenamento da caffeina è quello di una donna di 37 anni che ha provato a uccidersi ingerendo 27 g di caffeina (l'equivalente di circa 350 tazze di caffè espresso), andando incontro a ipotensione, convulsioni, aritmie e a diversi episodi di arresto cardiaco.[99]
Trattamento
L'intossicazione da caffeina viene trattata mediante terapie di supporto anche se alcune tecniche per la decontaminazione (es. carbone attivo) e l'aumento della escrezione (es. intralipid) si sono rivelate efficaci. L'approccio terapeutico dipende fondamentalmente dai sintomi, le condizioni fisiche e le circostanze in cui al sostanza è stata assorbita, Ad esempio una leggera overdose di 1g con effetti collaterali leggeri può essere semplicemente monitorata e magari possono essere somministrare benzodiazepine, mentre in caso di overdose massiccia possono essere richiesti interventi massivi.[100] L'emodialisi si è dimostrata efficace per ridurre i livelli della caffeina nel plasma diminuendo la morbidità nei casi di intossicazione[101][102]
Interazioni
Se viene assunta insieme al cibo e/o alcune bevande il suo assorbimento può risultare rallentato a causa del ritardo nello svuotamento gastrico.[27][40] L'assunzione di alcol, nicotina e droghe insieme a età, sesso e variabili genetiche non sembrano influire sull'assorbimento del composto.[27]
Il processo di estrazione della caffeina produce inoltre diversi composti utili come polifenoli, fibre, pigmenti, proteine e polisaccaridi.[104] La buccia e la polpa di caffè possono essere utilizzati come mangimi per gli animali da reddito e fornire un substrato per la preparazione della N-demetilasi,[105] mentre il caffè macinato può essere utilizzato per la coltivazione di funghi eduli come il Pleurotus ostreatus[106][107] e la Flammulina velutipes.[108]
Il composto ha effetti negativi sugli organismi acquatici incluso stress ossidativo, ossidazione lipidica, neurotossicità, riserva energetica e disordini metabolici, causando al contempo effetti sulla loro riproduzione e sul loro sviluppo, portando in alcuni casi anche alla morte.[21]
Esistono però metodi per la biodegradazione della caffeina (microbici ed enzimatici) che risultano sicuri e sostenibili.[120][121] Tuttavia vengono usati raramente poiché gli enzimi necessari per la degradazione sono instabili nell'ambiente[122] e i costi per la loro produzione risultano moto elevati.[21]
Funzione ecologica
La caffeina ha due principali funzioni ecologiche: l'allelopatia e la difesa chimica.[21]
Allelopatia
Fa riferimento all'effetto della caffeina sulle piante e i semi circostanti.[123] È bene notare che anche l'humus può rilasciare caffeina nell'ambiente circostante. Uno studio dimostra che le piante mature di caffè producono circa 150–200 g (peso secco)/m2/anno di humus che rilascia circa 1–2 g caffeina/m2/anno nel suolo.[124] Il ruolo della caffeina nell'allelopatia rimane tuttavia ancora poco chiaro dato che il suolo contiene microrganismi in grado di degradare il composto, inoltre l'attività antimicrobica della caffeina può ridurne il catabolismo prolungandone il tempo di ritenzione e aumentandone l'accumulo. Inoltre concentrazioni di caffeina >5 mM possono avere effetti tossici sulla pianta stessa e la germinazione dei semi. Quando questa supera i 10mM può inibire completamente la crescita radicale.[125]
Difesa chimica
La caffeina contenuta nelle foglie giovani, nella frutta e nei boccioli agisce come difesa chimica della pianta prevenendo i danni causati da microrganismi patogeni ed erbivori.[126] Uno studio in vitro basato sul trasferimento del gene responsabile per la sintesi della caffeina nella pianta del tabacco, ha dimostrato che le piante così ottenute hanno una migliore resistenza ai parassiti e alle malattie.[127] È stato inoltre dimostrato che basse concentrazioni di caffeina (1-2%) possono essere usate come repellenti per insetti, uccidendo chiocciole e lumache senza danneggiare la pianta.[128] La caffeina può uccidere i microrganismi patogeni nocivi favorendo la crescita dei loro nemici naturali.[129]
Note
^ab(EN) PubChem, Caffeine, su pubchem.ncbi.nlm.nih.gov. URL consultato il 12 giugno 2024.
^ Edward Kremers e Colaborers, Phytochemical terminology, in The Journal of the American Pharmaceutical Association (1912), vol. 21, n. 3, 1932-03, pp. 252–257, DOI:10.1002/jps.3080210314. URL consultato il 12 giugno 2024.
^ Von G.F., Vermischte Notizen. 1. Kaffeestoff Und Salzgehalt Des Quassia Extrakts, in Ann. Chem., vol. 4, 1820, p. 240.
^abcdef Sawynok J., Yaksh T.L., Caffeine as an analgesic adjuvant: a review of pharmacology and mechanisms of action., in Pharmacol. Rev., vol. 45, 1993, pp. 43–85..
^ S. Denis, C. Augur e B. Marin, [No title found], in Biotechnology Techniques, vol. 12, n. 5, 1998, pp. 359–362, DOI:10.1023/A:1008866113065. URL consultato il 13 giugno 2024.
^ Romain Meeusen, Bart Roelands e Lawrence L. Spriet, Caffeine, Exercise and the Brain, S. Karger AG, 2013, pp. 1–12. URL consultato il 13 giugno 2024.